Titoli cibeschi

Qualche giorno fa, spulciando un piccolo tendone che vendeva libri a Bologna, mi sono imbattuto in un libro piuttosto recente di cui però non riesco più a ricordare né titolo, né autore. Il libro consisteva in una raccolta di brevi racconti, talvolta anche meno di una pagina, che avevano sempre a che vedere con il cibo. Era molto divertente, ma non trovo più informazioni da nessuna parte. Sperando che qualcuno ne sappia qualcosa, riporto solo ciò che mi è rimasto impresso, cioè i titoli di questi racconti, che parodiavano sempre il titolo di un libro o di un film.

Libri cibeschi

I paradisi alimentari

Cene tempestose

La ricerca del tempo pasciuto

Gorgoglio e digerisco

Il signore dei tortelli

Il vecchio e il ramen

Lo spuntino dei Baskerville

 

Film cibeschi

Peccato che sia una brodaglia

Savoiardi senza gloria

007: il brodo non basta

007: licenza di ristorazione

Il settimo fusillo

Ultimo mango a Parigi

La gatta sul dolcetto che scotta

 

Ancora su Sergio Toppi: Davide e Golia

Qualche tempo fa in Sala Borsa a Bologna mi sono imbattuto in un piccolo libro di illustrazioni di Sergio Toppi intitolato “Davide e Golia”, publicato nel 2008 da Studio Michelangelo Edizioni. Il libro consiste in una raccolta di dieci illustrazioni in bianco e nero, accompagnate da una breve didascalia, che declinano in vari modi l’episodio biblico di Davide e Golia.

Davide e Golia di Sergio Toppi
Scusa, puoi stare fermo soltanto un secondo? (Il mignolino dev’essere qui.)
Davide e Golia di Sergio Toppi
Tuc tuc tuc…
Davide e Golia di Sergio Toppi
E’ dovere del governo nel prossimo futuro…in un’ottica di sviluppo… dare ampia risonanza…
Davide e Golia di Sergio Toppi
Rosa fresca e aulentissima… e accadde.

(Se vi capita, prendete questo libro, perché ci sono illustrazioni ancora più belle.)

Nell’interno della copertina è contenuta una brevissima introduzione di Toppi stesso, di cui vi propongo le seguenti frasi: “Ho scarsa simpatia per chi, grande e grosso, è solito prevaricare dall’alto della sua tracotanza e giustamente, come nel caso di Davide e Golia, incontra una fine ignominiosa. Il fragore del gigante che cade avvolto nei suoi bronzi guerrieri, sassolino in fronte, mi è sempre sembrato una buona musica. Aggiungo per onestà: sono di mediocre statura.”

Non c’è nulla da dire. Se leggete gli articoli qui sotto, uno mio, gli altri provenienti da Conversazionisulfumetto, capirete che è la chiusura di un cerchio.

Camminava come un gigante sulla terra

Per favore non chiamatemi maestro

La scarpa slacciata

L’ultimo dei grandi

Sergio Toppi: genio e regolatezza

Il re della cucina mantovana – il maiale

Solo un animale può primeggiare in una cultura. A Mantova, il re è il maiale. I suoi AKA sono: porc, gugiet, gogiet, guigiol, lovra (scrofa), ver (verro), mascc (verro in veronese), roia (scrofa in veronese). In realtà il porco possiede nella sua titolatura nobiliare la regalità di moltissime città e paesi in tutto il mondo, ma credo che si possa affermare che Mantova ha un attaccamento quasi sacrale per questo animale. D’altronde nella provincia della città pare che ci siano 4 suini per ogni abitante, anche se la quasi totalità si trova nei grandi allevamenti intensivi, e non più nelle cascine o nelle fattorie.

Sua maestà il maiale.
Il re, qui rappresentato in veste di re di Parma.

Il maiale era davvero un elemento culturale importante per le campagne della nostra zona, almeno fino al primo dopoguerra. L’uccisione di un maiale, o due al massimo, soddisfava una parte consistente del fabbisogno nutrizionale di un’intera famiglia per tutto l’inverno. Un animale così importante era impresso fortemente nella cultura agricola, mentre ora, non dipendiamo più da esso e molti di noi, almeno i più giovani, non ne hanno nemmeno mai visto uno.

Si sa, del maiale non si butta via niente, ma è bene mettere ordine su cosa è strettamente mantovano, cosa si può trovare in tutta la Bassa, e cosa invece si trova un po’ ovunque.

Le parti del maiale.
Scientificamente porco.

Il salame è forse il prodotto che più facilmente si assimila al maiale. Per farlo si prendono le parti meno nobili dell’animale, le si mettono dentro il budello dell’animale stesso (slurp!), si aggiunge pepe e sale (ma in realtà non ne sono sicuro), si lega il tutto e lo si appende in un luogo fresco. Il salame veronese si distingue da quello mantovano perché è più morbido e più ricco di grasso.

La salamella è un altro prodotto suino estremamente famoso dalle nostre parti. Si tratta più o meno dello stesso tipo di carne che finisce nel salame, ma viene utilizzata per fare il mitico risotto con la salamella, uno dei cavalli di battaglia assoluti della cucina mantovana. Nonostante vi siano varie teorie e modi di cucinarlo, si può affermare che ogni mantovano lo abbia mangiato e in genere lo mangi almeno due o tre volte all’anno. Si tratta di un riso asciutto, condito con questi pezzettini di salamella cotti. In provincia di Verona esiste un piatto molto simile, il riso con il tastasal, che all’apparenza è identico alla salamella, ma in realtà hanno una differenza che non ho mai capito bene.

Risotto con la salamella
Da consumarsi preferibilmente in grandi tavolate sotto i tendoni delle feste, in piatti di plastica.

Il prosciutto è invece un prodotto minore nelle nostre zone. Più diffuso in provincia di Modena, nelle nostre compagne gli veniva preferito il salame, e personalmente non ho ricordo di aver mai mangiato un prosciutto prodotto da un contadino, mentre di salami nostrani ne ho assaggiati moltissimi (e niente doppi sensi).

Le cicciole. Parliamone. Dette anche li grepoli, rappresentano una delle pietanze più caloriche sulla faccia della terra. Si tratta in sostanza di pezzi di grasso suino fritti nel grasso suino e conservati nel grasso suino. Mio nonno le mangiava a colazione, e infatti non l’ho mai sentito dire che abbia fatto la fame durante la guerra. Le cicciole sono uno dei cibi più grassi e più buoni al mondo. Mc Donald’s, non sei nessuno.

LE CICCIOLE!!!!
ATTENZIONE, pare che quelle in scatola non siano dannose per la salute quanto quelle da agricoltura biologica.

Infine, ci sono alcuni piatti che viravano verso il truculento. Esisteva infatti una sorta di zuppa di sangue di maiale cotto con cipolle, anche se non ho notizie certe, mentre sono sicuro che una delle prelibetezze della cucina mantovana fosse il cervello di maiale. Non chiedetemi come si cucini.

Magari prossimamente scriverò qualcosa di più esteso e dettagliato su ciascuna di queste ricette, o ne aggiungerò altre. Per finire in bellezza, un ultima prova dell’importanza sacrale del porco. Il santo più diffuso nelle campagne infatti, S. Antonio abate, era molto venerato anche dalle nostre parti; in alcuni comuni il 17 Gennaio viene ancora fatta la benedizione degli animali. E qual’è l’attributo più importante di S. Antonio, protettore degli animali domestici?

S. Antonio con il porco.
Oh, yeah!!!

 

Tanto tempo lontano…

Lo ammetto, sono stato fin troppo lontano da questo blog. Non solo non ho scritto nulla, ma ho anche lasciato che naufragassero miseramente alcuni progetti che mi ero promesso di portare avanti, in primis la canottierina bianca della settimana. Non così per quanto riguarda la cucina mantovana ed il bestiario della Bassa, due argomenti strettamente connessi e che ritorneranno presto.

Nelly Furtado con la canottierina bianca.
Nelly…
Canottierine come se piovesse
Per le canottierine, avevo grandi idee…
Canottierine come se piovesse.
Jeeja…

 

 

 

In verità, non ho molto da scrivere al mondo da questa mia tribuna che possa veramente interessare a qualcuno. Potrei far sorridere, pubblicare cose interessanti, ma è molto difficile pubblicare cose utili.

Ma soprattutto, l’ultimo periodo per me è stato così:

Capitan Uncino si suicida.
Avancarica. Anche questa è nostalgia.

Da qui in avanti, cercherò di pubblicare qualcosa, anche se non con la frequenza di un tempo.

Stati Uniti, guerra, fumetti e Milton Caniff

Ho da poco letto Male Call di Milton Caniff, una raccolta di strisce umoristiche e un po’ osé che uscivano su giornali di guerra americani durante la seconda guerra mondiale. Questa lettura mi ha fatto un po’ riflettere.

fumetto!!!

Un evento tragico, sconvolgente e annichilente come la seconda guerra mondiale appare, attraverso questo fumetto, una situazione decisamente meno oppressiva, a tratti leggera. Se penso a quello che mi raccontano i miei nonni di quei tempi, immagino esattamente l’opposto. Com’è possibile?

Non credo che durante la guerra in Italia si pubblicassero fumetti che parlassero della guerra stessa con toni così gaudenti, anzi. Non essendo esperto di questo argomento però non posso esprimermi, ma in compenso ho trovato questo video interessante (per quanto spartano) girato ad una mostra di Etna Comics 2013, riguardante i fumetti italiani, francesi e americani durante la seconda guerra mondiale.

Insomma, Male Call doveva tirare su di morale i soldati con le avventure di una bella ragazza, la stessa missione dell’inglese Jane. Entrambe le belle protagoniste venivano dipinte sulle fiancate degli aerei da combattimento.

Il bombardiere

Bombardiere N.2

Allora mi chiedo: visto l’approccio alla guerra di un fumetto come Male Call, si può dedurre che gli americani andassero in guerra più “a cuor leggero” degli europei? Attenzione, anche nel fumetto di Caniff si trovano gli orrori della guerra: la morte, la mutilazione, lo sfinimento, la paura. Ma tutto è stemperato, tutto tende ad una visione goliardica e vitale della vita del soldato.

Occhei, partendo da questa piccola intuizione, in realtà voglio spiegare cosa penso dell’attitudine alla guerra degli Stati Uniti, una mia personale ed inesperta visione della questione. Gli Stati Uniti non hanno mai vissuto la guerra sul proprio suolo. Dopo la guerra di secessione, l’unico attacco terrestre mai subito dagli Stati Uniti sono state le scorribande di Pancho Villa all’inizio del XX secolo. In pratica, gli statunitensi non conoscono davvero lo strazio della guerra, il dolore del genocidio, della strage, dello sradicamento dalla propria terra, della deportazione, della perdita di tutto.

Chi invece è cresciuto nel cuore del conflitto, nell’Europa infiammata e dilaniata in uno scontro fratricida e folle, è stato educato alla memoria: dalle istituzioni, dalla scuola, dalla famiglia, perfino dall’ambiente, che porta ancora, dopo decenni, i segni di quello che è successo. In Europa capita ancora di disinnescare le bombe inesplose, dai tempi di un conflitto già finito quando i miei genitori non erano ancora nati.

Eppure gli statunitensi sono un popolo guerriero: quasi ogni generazione ha i suoi veterani, dalla guerra mondiale, dal Vietnam, dall’Iraq, dalla Bosnia, dall’Afghanistan… Ma sono soldati sinceramente e fermamente convinti di impugnare la spada della giustizia, di essere nel bene, inconsapevoli dell’orrore che portano con sé.

Solo una volta gli Stati Uniti hanno sperimentato veramente la sensazione di essere colpiti al cuore, di non essere al sicuro. L’11 Settembre ha scioccato l’America, come uno schiaffo dato a un sovrano.

Il fumetto di Milton Caniff comunque è anche un sincero rimedio alla vita da soldato, tanto che nella prefazione all’edizione italiana della Comic Art, l’autore stesso scrive: <<Durante la guerra nei più sperduti angoli del mondo, leggere una pagina a fumetti era come tornare a casa per uno o due minuti e rappresentava un’evasione convincente dalle brutte cose che stavano accadendo.>>

La canottierina bianca della settimana

Dopo il funk marcio della settimana, rubrica che magari un giorno riprenderò, ho deciso di istituire una nuova rubrica per il mio blog: la canottierina bianca della settimana!

In realtà è anche un modo per aggiornare il blog anche in questo momento in cui sono molto impegnato. Ho comunque intenzione di scrivere cose anche meno cretine, anzi, quasi serie. Ma comunque sempre tra il serio e il faceto. Diciamo facete.

Bossi è vecchio e stanco.
Ma veniamo a noi…

Perché la canottierina bianca? Perché è un indumento fantastico, l’indumento che rende qualsiasi ragazza più figa.

Sì, questa rubrica si prefigge di portare ogni volta una canottierina bianca alla gloria.

Bossi è solo lì per spaventarvi.

La prima è quella che mi ha fatto sentire il bisogno di parlare di questo argomento: Jennifer Connelly in Tutto può accadere (titolo originale “Career Opportunities”, del 1991).

Sbeng!

Ora, il film non l’ho visto, ma non credo sia un capolavoro. In compenso, questa cosa potrebbe essere sufficiente a svoltarlo. Mah, non mi va di vedere un film solo per le tette, a meno che non sia un Russ Meyer d’epoca.

Comunque, per chi volesse approfondire, c’è questo:

 

Cucina mantovana a sorpresa – il merlo (+ bonus)

Circa un mese fa mi è successo un fatto curioso a Bologna. Sul balcone del mio appartamento ho dei grandi vasi in cui io e mio fratello coltiviamo basilico, timo, menta, prezzemolo, salvia, luppolo ed altre simpatiche spezie, che danno un tocco di freschezza floreale al grigiore del nostro palazzo. Proprio dietro al prezzemolo, cosa troviamo un giorno? Uova. E cosa troviamo sopra le uova? Una picciona che le cova. Insomma, florido e riparato, il nostro balcone era diventato il rifugio perfetto dove nidificare. Anche se credo che la picciona abbia un po’ rivisto la sua teoria sul nidificare sui balconi, visto che ogni volta che andavamo sul balcone lei volava via spaventata o, presa dalla disperazione dell’istinto materno, cercava di difendere strenuamente le sue uova.

AAAARG
Tipo questi.

Comunque sia, le uova si sono schiuse e ne sono usciti due mostricciattoli (no, dico sul serio, i pulcini di piccione sono esseri orribili). I mostricciattoli sono cresciuti e ora, messe le penne, sono quasi pronti a volare, anche se pigolano ancora come dei dannati quando arriva la loro madre a vomitargli in bocca.

Un fatto così particolare come la nidificazione di piccioni sul mio balcone, andava subito raccontato a mio nonno, il quale però, mi ha dato una risposta al quanto bizzarra: <<Mangiali>>.

E non solo mio nonno, anche mio padre. Ora, a parte il fatto che i piccioni sul mio balcone sono stati nutriti probabilmente con pezzi di copertone e amianto, e dunque non devono avere una carne molto genuina, sono venuto a sapere che mio nonno mangiava i merli.

<<Morbidissimi>>, secondo lui.

A sorpresa, scopro così che anche il merlo, animale selvatico e minuto, rientra nel bestiario degli animali della Bassa che possono finire sulla nostra tavola. Basandomi sui racconti di mio nonno, dunque, ecco la formula per ottenere le SFOGLIATE DI MERLO.

1. Abbiate quattordici anni, o giù di lì.

2. Scorrazzate per la campagna e arrampicatevi sugli alberi. Prima o poi vi imbatterete in un nido di merli. Li si riconosce subito, le uova sono azzurrine e picchiettate.

3. Se avete trovato il nido, siete a posto. Non dovete fare altro che controllare di tanto in tanto quanto crescono i pulcini. Il momento giusto per rapirli dal loro nido è quando sono già belli grandi e la loro madre non va più a nutrirli, quando cioè stanno per spiccare il volo.

4. Prendete i merlini e portateli da vostra nonna, o da vostra madre. Non ho idea di come si uccidano, ma credo spezzandogli il collo.

5. La nonna prepara le sfogliate, con un carne tenerissima di merlo.

So che tutto questo può sembrare crudele (rapire degli uccellini proprio quando stanno poeticamente per spiccare il volo), ma una volta nelle campagne era perfettamente normale. Gli animali si allevavano, si uccidevano e si mangiavano. Non è molto diverso da come la carne arriva oggi nei nostri piatti, tranne che gli allevamenti ora assomigliano più a fabbriche, e le carni a prodotti industriali. La cosa che mi ha fatto riflettere è che mio nonno allora non controllava la natura, ne era parte. Era un predatore. Mio nonno ai tempi doveva essere davvero un figo.

Ma non è tutto, c’è il bonus. Perché mio padre, spinto dalle mie domande, mi ha raccontato anche delle semplici trappole, fatte con un cesto e un bastoncino legato a una cordicella, con cui si catturavano i passeri, anch’essi destinati ad imbandire con opulenza le nostre tavole. E come se queste non bastassero, mi ha dato un riferimento colto e, soprattutto, ancora più splatter.

 

Nel quadro di Pieter Bruegel il Vecchio “Paesaggio invernale con trappola per uccelli” è rappresentata una trappola con lo stesso funzionamento, ma con una differenza: invece di far cadere un cesto che imprigioni i passerotti, si usa una pesante porta in legno di larice. Il risultato è assicurato: ragù di passerotti istantaneo. Un po’ pennuto, se vuoi, ma istantaneo.

Urban Suite su Spreaker

disco

E’ successa una cosa loschissima a Radio2, una delle mie stazioni preferite, nonché uno dei motivi per cui credo fortemente nel servizio pubblico.

Praticamente: qualche settimana fa sarebbe dovuto andare in onda, come da due o tre anni a questa parte, Urban Suite, programma condotto dalla mitica Irene Lamedica a.k.a Soul Sista. Invece, in modo appunto losco, il programma è stato sostituito all’ultimo momento. Urban Suite, insieme ad un altro ottimo programma, Rai Tunes di Alessio Bertallot, è stato amabilmente “trombato”, non so bene per che motivo.

Eppure era un bel programma. Davvero, era decisamente originale.

althea & donna
Anche le copertine erano sempre molto fiche.

Ma per fortuna non finisce qui.

La buona vecchia Irene infatti (spalleggiata  forse dalla redazione del programma? da qualcuno che ci crede ancora ciecamente?) non si fa mettere i piedi in testa e decide di spostare il suo programma su Spreaker, una piattaforma da cui si possono creare trasmissioni radio, che, scopro, è stata creata da due ragazzi di Bologna qualche anno fa ed ora ha spopolato. Tutto coincide, il mio programmino continua.

Comunque sia, Urban Suite è troppo un buon programma, non merita di finire: passa musica originale, diversa dalle programmazioni plasticone di certe radio; tratta di reggae, soul, rap, RnB, sempre con gusto e sempre con orecchio attento alla roba più fresca; contiene piccole chicche come “Check the rhyme”, dove vengono tradotti i testi rap dall’inglese; ma soprattutto trasuda vera passione per questa musica.

Anche solo la cocciutaggine nel voler continuare le trasmissioni dimostra questa passione. Credo che in effetti solo lo zoccolo duro continuerà a seguire il programma, i veri appassionati, ma credo anche che gli ascoltatori abituali, pur non essendo molti, fossero tutti molto presi, diciamo infottati assai, quindi la possibilità che il programma funzioni c’è.

Per quanto mi riguarda, io lo ascolterò. Le mie casse sono pronte, e anche se hanno subito un’intervento da parte di mio padre e di mio fratello, per cui ora sono ricoperte da assi e sostengono un tavolo in legno di pino, quando la Soul Sista dirà <<casse sulle finestre!>>, io sarò pronto.

Irene Lamedica, Urban Suite
Io ci credo a bomba.